Infortuni sul lavoro

law-and-justice-conceptIn tema di infortunio la responsabilità esclusiva del lavoratore sussiste solo se egli pone in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute. Un lavoratore subiva un infortunio per un’erronea manovra del carroponte senza prima togliere le catene del gancio del carroponte stesso per poi eseguire le richieste manovre di spostamento. Il lavoratore chiedeva di insinuare al passivo del fallimento della società committente del suo datore di lavoro, una società croata, ma il giudice delegato respingeva la domanda; proponeva quindi opposizione ex art. 98 legge fallimentare, ma anche il Tribunale la rigettava. Viene quindi proposto ricorso per la cassazione del decreto fondato su cinque motivi, dei quali due vengono ritenuti fondati. La Cassazione precisa che «la responsabilità dell’infortunato sorge esclusivamente in presenza di condotte del tutto anomale, inopinabili e imprevedibili, che esulano dai sistemi e dai procedimenti di lavoro e sono con essi incompatibili, oppure qualora vi sia stata una violazione, da parte del prestatore di lavoro, di precise disposizioni antinfortunistiche o di specifici ordini (il che il decreto impugnato non ha accertato in alcun modo). Diversamente, la condotta colposa del lavoratore è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell’entità del risarcimento (cfr. Cass. 18.2.2004 n. 3213 Cass. 8.4.2002 n. 5024; Cass. 17.2.1998, n. 1687; Cass. 7.4.1992, n. 4227; Cass. 8.2.1993, n. 1523; Cass. 6.7.1990, n. 7101), atteso che la ratio di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela». La Suprema Corte afferma i seguenti principi di diritto: «”Ai sensi tanto dell’art. 2087 c.c. quanto dell’art. 7 d.lgs. n. 626/94 (applicabile ratione temporís), che disciplina l’affidamento di lavori in appalto all’interno dell’azienda, il committente nella cui disponibilità permanga l’ambiente di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, misure che consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata”. La decisione della Cassazione è importante perché afferma due principi di diritto: il primo riguarda l’obbligo in capo al committente nell’adottare tutte le misure necessarie, il secondo attiene all’irrilevanza del comportamento colposo del lavoratore, a meno che questi “abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere”. Pertanto, grava sul datore di lavoro (e sul committente) l’obbligo di prevedere le possibili condotte colpose dei lavoratori configurabili nel procedimento lavorativo da loro curato, e adottare tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza.

Cass. civile Sez. lavoro, Sentenza del 13/01/2017 n.798