Infortuni sul lavoro

imageIl titolare dell’impresa familiare deve adottare nei confronti dei collaboratori le misure di sicurezza sul lavoro previste dal Dlgs 81/08. In caso di infortunio l’Inail può, pertanto, esercitare l’azione di rivalsa anche se non c’è alcun rapporto di subordinazione. Lo ha sancito la Corte di cassazione con sentenza 20406 del 25 agosto che, confermando il giudizio della Corte d’appello di Venezia, ha riconosciuto il diritto della titolare dell’impresa familiare e coniuge del collaboratore deceduto a seguito di infortunio alla costituzione della rendita, ma ne ha confermato la compensazione con quanto richiesto dall’Inail a titolo di rivalsa. La Cassazione pone l’accento sulla situazione di fatto riconducibile all’impresa familiare, nella quale la titolarità dei poteri di organizzazione e gestione rimangono in capo all’imprenditore, mentre il familiare si limita a prestare la sua opera in maniera continuativa nella stessa impresa (o nella famiglia). I partecipanti all’impresa familiare rientrano comunque fra i soggetti assicurabili Inail a norma dell’articolo 4 del Dpr 1124/65 e in tal senso la Corte costituzionale, con sentenza 476/87, ne aveva dichiarato l’illegittimità nella parte in cui non prevedeva la loro inclusione. Pertanto, l’articolo 4, n. 6, del Testo unico prevede in materia di infortuni la tutela dei seguenti soggetti: il coniuge, i figli, anche naturali o adottivi, gli altri parenti, gli affini, gli affiliati e gli affidati del datore di lavoro che prestano con o senza retribuzione alle di lui dipendenze opera manuale, e anche non manuale ove si tratti di sovrintendenti. La decisione della Consulta ha avuto l’effetto di elidere l’elemento della necessaria subordinazione per la tutela assicurativa dei collaboratori dell’impresa familiare. Secondo la sentenza 20406, alla titolarità dei poteri di organizzazione e gestione posti in capo all’imprenditore corrisponde simmetricamente il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza a favore dei partecipanti che prestano l’attività soggetta a rischio assicurabile. La materia è da tempo controversa. Seppure con riferimento alle previgenti disposizioni in materia di sicurezza, il Lavoro con la circolare 154/96 affermò che ai collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis del Codice civile non si applica il Dlgs 626/94 in quanto non possono essere inquadrati nella categoria dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato e nemmeno sono espressamente richiamati fra gli equiparati a questi ultimi anche se privi di un rapporto subordinato. Anche la Corte costituzionale, con sentenza 212 del 1993 confermò il principio che la normativa antinfortunistica e di igiene non può trovare applicazione all’impresa familiare poiché questa è permeata di legami affettivi, onde sarebbe «problematico l’incastro di obblighi e doveri sanzionati attraverso ipotesi di reato procedibili d’ufficio». È il Dlgs 81/08 a sancire esplicitamente l’accesso alle norme in materia di prevenzione dei collaboratori dell’impresa familiare prevedendo, all’articolo 3, comma 12, che nei confronti dei componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230- bis del Codice civile si applicano le disposizioni di cui all’articolo 21 dello stesso Dlgs 81, che rinvia al titolo III del decreto per l’utilizzo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale. La Cassazione sottolinea stavolta la continuità normativa fra le fattispecie penali in materia di luoghi di lavoro, originariamente contenute nei Dpr 547/55, 303/56, 626/94, con quelle attualmente previste dal Dlgs 81/08. Pertanto, pur riconoscendo il diritto del titolare dell’impresa alla rendita quale coniuge superstite, altrettanto valido è stata riconosciuto il diritto di rivalsa dell’Inail per non aver predisposto detto titolare le adeguate misure di sicurezza.