Convivenza more uxorio: cosa succede in caso di morte

La convivenza more uxorio

E’ la relazione affettiva e solidaristica che lega due persone in comunione di vita. La situazione di fatto che si crea è simile, per molti aspetti, al matrimonio. La Cassazione n. 6381/1993 dichiara che la convivenza more uxorio è legittima per il nostro ordinamento perché non contrasta con il buon costume, l’ordine pubblico e le norme imperative.

La recente legge Cirinnà disciplina la coppia di fatto e prevede il contratto di convivenza ma cosa può accadere nel caso di perdita della vita dell’altro?

Ai fini della risarcibilità del danno subito da un convivente in caso di perdita della vita dell’altro, l’elemento della coabitazione assume un valore recessivo e non dirimente. Riportiamo il caso di una donna che ha presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano aveva confermato il rigetto della sua domanda di risarcimento dei danni patiti a seguito della morte del convivente, deceduto a causa di un grave incidente sul luogo di lavoro. La Corte territoriale aveva infatti attribuito rilevanza dirimente alla circostanza che la ricorrente e la vittima avessero luoghi di residenza diversi, escludendo così il configurarsi di una convivenza utile ai fini del risarcimento danni

La Suprema Corte ricorda come il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, va riconosciuto, sia come danno morale che come danno patrimoniale, solo quando viene dimostrato uno stabile contributo economico apportato in vita, dal defunto al danneggiato. In caso di convivenza more uxorio, oltre a dimostrare tale aspetto occorre anche che venga provato come la relazione fosse stabile e caratterizzata da una mutua assistenza materiale e morale, non essendo sufficienti, a tal fine, le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà o le informazioni che gli stessi hanno fornito alla PA per fini anagrafici. Sempre la Cassazione, ricorda una sua precedente opinione (Cass. civ. n. 12278/2011) dove si afferma come il risarcimento potesse essere riconosciuto anche al convivente, a condizione che venga dimostrato un saldo e duraturo legame affettivo tra essi e la vittima in modo similare al rapporto coniugale.

In soccorso al caso in esame l’ultima sentenza della Corte di cassazione, sezione III civile (sentenza 13 aprile 2018 n. 9178) in cui si ha convivenza more uxorio, rilevante anche ai fini della risarcibilità del danno subito da un convivente in caso di perdita della vita dell’altro, qualora due persone siano legate da un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale: ai fini dell’accertamento della configurabilità della convivenza more uxorio, i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza degli elementi presuntivi, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi (quali, a titolo meramente esemplificativo, un progetto di vita comune, l’esistenza di un conto corrente comune, la compartecipazione di ciascuno dei conviventi alle spese familiari, la prestazione di reciproca assistenza, la coabitazione), i quali devono essere valutati non atomisticamente ma nel loro insieme e l’uno per mezzo degli altri.