Quando è possibile controllare il lavoratore con le telecamere

Con la circolare n. 5 del 19 febbraio 2018, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (c.d. INL) fornisce una serie di indicazioni operative che mirano, sulla scia dei più o meno recenti aggiornamenti normativi in materia, ad adeguare le procedure previste dalla norma alle innovazioni tecnologiche che riguardano il controllo a distanza dell’attività lavorativa.

La possibilità di inquadrare direttamente i lavoratori, in presenza di concrete ragioni giustificatrici, senza la necessità di ricorrere a sistemi di mascheramento che potrebbero limitare, se non vanificare, l’efficacia dello strumento utilizzato, è un ulteriore elemento di novità. E’ bene precisare che “i principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori.”

Ricordiamo, che l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, recita che l’installazione di telecamere e, in genere, di strumenti dai quali deriva anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, può avvenire solo per esigenze organizzative e produttive o per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. L’installazione non può avvenire se non è preceduta da un accordo collettivo stipulato con la rappresentanza sindacale unitaria o aziendale.

Secondo la circolare n.5/2018, la valutazione delle istanze va ovviamente concentrata sull’effettiva sussistenza delle ragioni che legittimano l’adozione del provvedimento, tenendo presente, in particolare, la finalità per la quale è richiesta la singola autorizzazione. Così, possono essere autorizzati utilizzi di impianti audiovisivi che inquadrano direttamente l’operatore, senza dover introdurre condizioni quali, per esempio, l’angolo di ripresa della telecamera oppure l’oscuramento del volto del lavoratore, purché sussistano le ragioni giustificatrici del controllo.

Per il controllo del lavoratore attraverso cellulare,  è legittimo – dice l’INL – solo in casi eccezionali debitamente motivati. Prosegue la circolare precisando che l’accesso alle immagini registrate va tracciato in modo che i relativi «log di accesso» siano conservati per un periodo non inferiore a sei mesi. Non è, invece, più posto come requisito l’uso di un sistema a «doppia chiave fisica e logica».

UTILIZZO DELLE RIPRESE IN GIUDIZIO. COSA DICE LA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4367/2018 ha fornito chiarimenti sull’utilizzo di mezzi di videoriprese e e l’utilizzo nell’ambito di un procedimento penale. La cassazione ha stabilito che sono utilizzabili le riprese effettuate con telecamere all’interno del luogo di lavoro in sede giudiziale. Le immagini servono al datore di lavoro per esercitare un controllo sul patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei dipendenti, e le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale.