Simulazione di donazione

pexels-photoLa prova della simulazione di una donazione non deve rivestire la forma dell’atto pubblico, ma può essere fornita anche con una “controdichiarazione” (e cioè il negozio che attesta l’intervenuta simulazione) contenuta in una semplice scrittura privata, sottoscritta dalle parti della donazione o dalla parte contro la quale è prodotta la controdichiarazione. È quanto deciso dalla Corte di cassazione con sentenza n. 18204 del 24 luglio 2017. Nel caso giunto all’esame dei giudici di legittimità si discuteva della validità di un documento (la controdichiarazione, appunto) sottoscritto dalla donataria di un immobile, nel quale quest’ultima aveva attestato che la donazione da essa ricevuta avrebbe dovuto essere intesa, oltre che a beneficio suo, anche a favore di un altro soggetto; quest’ultimo era persona oberata da debiti e per questo motivo la donazione immobiliare non era stata stipulata esplicitamente anche a favore di costui. Il punto di diritto analizzato dalla Cassazione riguardava dunque la validità della controdichiarazione che, secondo la donataria convenuta dal donatario “occulto” (il quale reclamava il proprio acquisto), non poteva produrre effetti, dal momento che si trattava di scrittura priva della forma dell’atto pubblico, la quale è invero richiesta dal codice civile (all’articolo 782) per la validità della donazione. Questa tesi è stata dunque disattesa dalla Cassazione: accogliendo il ricorso proposto dal donatario “occulto”, la Suprema corte ha argomentato la sua decisione richiamando un proprio precedente orientamento (la sentenza n. 3605/1971) riferito alla modifica delle «convenzioni matrimoniali», le quali, come le donazioni, devono rivestire la forma dell’atto pubblico alla presenza dei testimoni (ai sensi dell’articolo 162 del codice civile e dell’articolo 48 della legge professionale notarile). In quell’occasione, la Cassazione aveva infatti deciso che le convenzioni matrimoniali devono essere tenute ben distinte dalle eventuali controdichiarazioni che siano stipulate a latere di esse, le quali «per raggiungere gli effetti che sono loro propri, non richiedono la forma dell’atto pubblico, poiché hanno un’obbiettività giuridica diversa dalle mutazioni dei patti»: mentre le convenzioni matrimoniali «implicano un nuovo accordo, modificativo del precedente, realmente voluto e concluso, ed esigono pertanto, ad substantiam, l’atto pubblico al pari dell’atto modificativo, le controdichiarazioni rappresentano invece il documento atto a constatare e a dare la prova della simulazione di un patto, e sono, quindi, destinate a rimanere segrete tra le parti». Secondo la Cassazione, analogo principio deve essere dunque ripetuto nel caso della donazione, dal momento che essa deve rivestire la stessa forma richiesta per le convenzioni matrimoniali: è dunque svincolato da formalismi il documento con il quale viene fornita la prova della simulazione di un dato contratto esplicitando la sussistenza di un rapporto giuridico differente (quello dissimulato) rispetto a quello apparente ai terzi.