Risarcimento danni per mancata informazione da parte del medico

medico_legge jpgNel 1995 una donna i gravidanza si sottopose ad amniocentesi. Dall’esame, effettuato in un laboratorio di genetica, risultò che il feto presentava un’alterazione cromosomica, la trisomia X, ma nessuno dei medici portò a conoscenza dei futuri genitori che, in una certa percentuale di casi, tale alterazione cromosomica potesse causare danni mentali anche gravi al bambino. In tal modo non fu data alla madre la possibilità di scegliere consapevolmente se interrompere o meno la gravidanza. I genitori nel 2003 convennero in giudizio il ginecologo, il genetista e il laboratorio di genetica chiedendo un risarcimento danni di 13 milioni di euro per danno alla vita sociale della bambina nata con la malformazione genetica. Il Tribunale di primo grado condannò i medici e la struttura sanitaria al pagamento di circa 60.000 euro per risarcimento danni. I genitori proposero appello, il quale venne rigettato dalla Corte d’Appello di Roma nel 2012. Secondo i giudici d’appello i medici avevano assolto correttamente al loro dovere di informazione. La madre della bambina ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno sospeso la decisione della vicenda in questione, in attesa della decisione delle Sezioni Unite, le quali con sentenza 25767/2015 hanno affrontato la questione della responsabilità medica da nascita indesiderata e la questione della legittimazione del nato a pretendere il risarcimento del danno a carico del medico che, con il suo difetto di informazioni, abbia privato la gestante della possibilità di accedere all’interruzione di gravidanza. Le Sezioni Unite hanno chiarito che non esiste un diritto a non nascere se non sani, perché la vita di un bambino disabile non può considerarsi un danno. I giudici della Suprema Corte, con sentenza 5004/2017 della terza sezione civile, hanno accolto il ricorso della madre della bambina. La sentenza evidenzia che la Corte d’Appello non ha tenuto in considerazione le pubblicazioni scientifiche sulla trisomia X, cui aveva fatto riferimento il Tribunale. Invece ha proposto in alternativa fonti tratte da Wikipedia, prive di rilevanza scientifica, secondo le quali dalla trisomia X non deriverebbe un ritardo mentale. La Corte di Cassazione ha, dunque, riconosciuto alla donna il diritto al risarcimento danni per violazione del diritto al compimento di una scelta consapevole sulla interruzione di gravidanza, connessa alla possibile presenza di gravi problemi al nascituro, tali da destabilizzare la salute fisiopsichica della madre. L’accertamento della possibilità del verificarsi di tale malformazione va fatto con valutazione ex ante, ovvero sulla base delle informazioni delle quali avrebbe potuto disporre la madre prima della nascita, al momento di scegliere se interrompere o meno la gravidanza, e non con valutazione ex post, sulla base della situazione concreta del nato.