Risarcimento per tumore da telefonino

mobile-phone-1419275_1920Il cellulare fa ammalare di cancro o è innocuo? Il legame è stato riconosciuto dal tribunale di Ivrea che ha condannato l’Inail a risarcire un ex dipendente della Telecom che si è ammalato di neurinoma dell’acustico, un tumore benigno ma invalidante, a causa dell’utilizzo prolungato del telefono cellulare. Come ha raccontato lo stesso Roberto Romeo, oggi 57enne, lavorava in Telecom Italia, “l’azienda mi ha dato il cellulare per lavoro e dopo 15 anni di utilizzo intenso, cioè 3 ore al giorno, ho contratto il neurinoma dell’acustico”. Fortunatamente si tratta di una forma benigna, ha proseguito Romeo, ripercorrendo le tappe della vicenda. Per rimuoverlo, ricorre a un’operazione chirurgica, “un intervento non facile, tanto più che poi ti asportano il nervo acustico, quindi poi dall’orecchio destro non ci senti più”. Da qui, la condanna all’Inail a versargli un vitalizio da malattia professionale di 500 euro al mese. “E’ una grossa vittoria – ha commentato l’uomo – per me e per tutti coloro che devono essere informati sull’uso corretto del cellulare. Io non sono per demonizzare né l’azienda né il cellulare. Io sono per l’utilizzo corretto”.”Bisogna farne un uso corretto perché potrebbe arrivare questo tipo di patologia”, ha poi ribadito Romeo, facendo l’esempio dell’amianto. Il principio è quello della “latenza”: si usa il cellulare “per 10 ore al giorno, 10 anni, 15 anni, e può venir fuori la malattia”. Non è la prima volta: Già nel dicembre del 2009, una sentenza del tribunale del lavoro di Brescia ha condannato l’Inail a versare una pensione di invalidità a un manager, riconoscendo un nesso di causalità tra il suo tumore al nervo trigemino e una media giornaliera di cinque ore tra cellulare e cordless. Sentenza, questa, confermata poi nel 2012 dalla Corte Suprema. Tuttavia, la scienza non sembra sicura di questo legame. Una ricerca pubblicata nel 2011 sul British Medical Journal ha concluso che non c’è alcun legame tra uso del telefonino e tumori. Altre ricerche invece smentiscono queste conclusioni. La più recente risale almeno a un anno fa: un maxi studio del National Toxicology Program statunitense, un’agenzia federale, ha concluso che l’esposizione alle radiofrequenze tipiche dei cellulari aumenta i casi di alcuni tipi di cancro, almeno nei ratti maschi. Neanche lo studio Interphone, la monumentale ricerca iniziata nel 2000, è riuscita ad arrivare a una conclusione certa. Dopo 10 anni di lavoro, con ben 13 Paesi coinvolti, inclusa l’Italia, la conclusione è stata che “non c’è un legame conclusivo tra l’uso dei cellulari e i tumori al cervello”. Tuttavia, avrebbe evidenziato un’aumento del rischio di sviluppare il glioma, un grave tumore cerebrale, tra chi aveva passato al cellulare più di mezzora al giorno negli ultimi 10 anni. Dal canto suo l’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso di premunirsi e ha classificato le radiofrequenze nel gruppo 2b dei “possibili cancerogeni”, lo stesso ad esempio della caffeina. Buona parte della comunità scientifica concorda oggi nell’appoggiare il principio di precauzione e cioè, nel dubbio, ridurre il tempo di esposizione ai campi elettromagnetici, specialmente tra i più piccoli. Almeno in attesa di evidenze conclusive sulla questione.