Responsabilità colposa in ambito sanitario

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È noto a tanti come l’art. 3 della c.d. legge Balduzzi (D.L. n. 158/2012, convertito dalla L. 189/2012) abbia, solo qualche anno fa, regolato e disciplinato la materia della responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, prevedendo che nei casi in cui tali soggetti avessero rispettato, nell’esercizio della propria attività, le linee guida e le buone pratiche accreditate, sarebbero andati esenti da responsabilità per colpa lieve, ferma restando comunque quella prevista dall’art. 2043 c.c.. In buona sostanza, dunque, i sanitari rispondevano penalmente, nell’esercizio della propria professione, solo per colpa grave. Molto recentemente, tuttavia, in materia, è intervenuta la L. 24/2017, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” che, con l’art. 6, da un lato, ha abrogato il predetto art. 3 della L. Balduzzi e, dall’altro, ha introdotto una nuova fattispecie incriminatrice, inserita nel codice penale all’art 590-sexies, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. La norma introduce, in pratica, una responsabilità specifica per le ipotesi in cui i reati di omicidio colposo o lesioni colpose siano commesse in ambito sanitario. Tale norma dispone che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto“. Eliminata la precedente distinzione tra colpa lieve e colpa grave in ambito medico, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha evidenziato come la norma sia solo apparentemente illogica laddove, pur in presenza di colpa per imperizia, esclude la responsabilità se siano state rispettate le linee guida (definite e pubblicate ai sensi di legge) o le buone pratiche clinico assistenziali. Ed infatti, precisa che tale espressione, in realtà, vuole “limitare l’innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla sfera dell’imperizia, cioè al profilo della colpa che involge, in via ipotetica, la violazione delle leges artis”. L’art. 590-sexies, quindi, si applica solo quando venga contestata o possa essere contestata una imputazione per il delitto di lesioni colpose o omicidio colposo cagionati da imperizia. Tuttavia, la responsabilità sussiste tutte le volte in cui il sanitario non abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in assenza di queste, non abbia attuato buone pratiche clinico assistenziali. Con riguardo alle linee guida, la novella ha previsto all’art. 5 che gli esercenti le professioni sanitarie debbano attenersi, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida accreditate. Si tratta, cioè, di quelle espresse da istituzioni individuate dal Ministero della salute. Da tale disposto si ricava, però, che le linee guida che possono deresponsabilizzare il sanitario, sono solo quelle che risultino “appropriate al caso concreto”. Infatti, ove le linee guida non siano appropriate al caso concreto e il medico debba discostarsene, la fattispecie penale di cui all’art. 590-sexies c.p. non rileva e troverà applicazione, invece, la disciplina generale prevista dagli artt. 43, 589 e 590 c.p..In via residuale, il sanitario può fare ricorso alle buone pratiche clinico-assistenziali, che rappresentano, evidentemente, una sorta di clausola di salvezza, tenuto conto che il catalogo delle linee guida accreditate non può esaurire del tutto i parametri di valutazione della condotta del professionista, il quale può affidarsi, in concreto, anche a raccomandazioni diverse da quelle “ufficiali”, ma altamente qualificate e condivise nella comunità scientifica (seppure ancora non formalizzate nei modi previsti dalla legge). Tuttavia, è ragionevole ritenere che il catalogo delle linee guida, in conseguenza della riforma normativa, venga a sua volta revisionato, aggiornato ed ampliato. L’ultima precisazione della Corte riguarda, infine, i procedimenti ancora pendenti, che secondo i giudici, vanno decisi in base alla vecchia normativa, più favorevole in punto di responsabilità, mentre la nuova disciplina andrà sicuramente applicata a tutti i fatti successivi alla sua entrata in vigore.

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, n. 28187/2017