Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

building-691033_1920Costringere il condomino a farsi rimborsare somme spese nell’interesse del condominio è reato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35342, pubblicata in data 18 Luglio 2017, dichiara inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal condomino imputato del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nella forma del tentativo, condannando lo stesso al pagamento delle spese processuali in favore della cassa delle ammende. Ai sensi dell’articolo 393 del Codice penale chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé, usando violenza o minaccia alle persone, è punito con la reclusione fino a un anno. Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a euro 206. La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi. La norma punisce colui il quale, pur avendo in astratto la possibilità di rivolgersi all’autorità giudiziaria, decida di “farsi giustizia da sé”, minacciando l’antagonista ovvero usando violenza sulle cose o sulla persona stessa, così incappando nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Per configurare il reato, peraltro, «è indifferente che l’evento si determini per effetto di una (la violenza) o dell’altra (la minaccia) delle condotte tipizzate dalla norma». Accadeva infatti che il condomino – che aveva anticipato la somma di euro 5,00 in favore del condominio – tentava di farsi giustizia in prima persona e, pur potendo ricorrere legittimamente al giudice, cercava di costringere un altro condomino, mediante l’utilizzo di un’arma, a farsi rimborsare la somma spesa. Reato che non veniva consumato per l’inattesa reazione della persona offesa. Motivo per cui la Corte d’Appello di Roma, pur dichiarando estinto per prescrizione il reato di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, peraltro aggravato dalla violenza portata con un’arma, condannava il condomino al risarcimento del danno in favore dell’altro condominio costituitosi parte civile. Nel rigettare il ricorso la Suprema Corte premette come «la Corte d’appello ha posto l’accento sul fatto che, nella fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen., è indifferente che l’evento si determini per effetto di una (la violenza) o dell’altra (la minaccia) delle condotte tipizzate dalla norma, da ciò facendo discendere l’insussistenza della dedotta violazione del principio di correlazione, alla stregua della consolidata interpretazione che del principio di cui all’art. 521 cod. proc. pen. propugna la giurisprudenza di legittimità». Ciò posto, puntualizza come «conformemente a quanto emerge dalla stessa sentenza impugnata, che, sulla scorta della pacifica ricostruzione del fatto emersa all’esito dell’espletata istruttoria dibattimentale di primo grado – avere …… cercato di costringere la parte offesa …… al pagamento della somma di cinque euro, da lui spesa nell’interesse del condominio, senza che il tentativo di farsi giustizia da sé si verificasse “per l’inaspettata resistenza della persona offesa, sia pure in presenza di minaccia apportata con l’arma” – nel corso dell’udienza innanzi al Tribunale, fu espressamente prospettata alle parti la possibilità di addivenire alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 393 cod. pen., onde non può seriamente parlarsi di violazione del principio di cui all’art. 129 cpv. cod. proc. pen., per via dell’erroneo utilizzo del termine “violenza” nel dispositivo, essendo rimasti inalterati i termini fattuali della vicenda quali in precedenza descritti, come riconosciuto nello stesso ricorso in esame». Pertanto, il condominio reo di aver tentato di farsi arbitrariamente ragione da sé, deve risarcire il danno morale determinato, in via equitativa, nella somma di euro 2.500,00 da versarsi in favore della costituita parte civile.