Inail e Responsabilità Civile

imageÈ utile fare il punto sul tema della potenziale sovrapposizione tra le somme erogate (al danneggiato) dall’Inail e quelle corrisposte al medesimo da una compagnia di assicurazione privata. Ci riferiamo ai casi in cui la vittima sia un lavoratore che – nel momento dell’occorso lesivo – si trovava, come sul dirsi, ‘in itinere’ o era, addirittura, impegnato nello svolgimento delle proprie specifiche mansioni. Sovente ritorna, negli atti processuali delle compagnie, una ardita e iniqua ‘lettura’ del rapporto tra liquidazione del danno biologico in ambito Inail e liquidazione della stessa posta risarcitoria in ambito di responsabilità civile. Secondo tale approccio ermeneutico, con l’entrata in vigore del d.lgs. 38/00 (contemplante un indennizzo a titolo di ‘danno biologico’ a favore delle vittime di infortuni sul lavoro che abbiano riportato una menomazione ascrivibile al novero del c.d. ‘danno biologico’ superiore al 6%) null’altro sarebbe dovuto alla vittima dell’incidente oltre a quanto a vario titolo corrisposto dall’ente previdenziale. Ora, a comprova della insostenibilità di tale tesi vi è una copiosa messe di precedenti giurisprudenziali. Di recente, la Cassazione ha avuto modo, con sentenza del 09/11/2016, di sottolineare che il calcolo del danno biologico differenziale deve avvenire sottraendo dal credito risarcitorio l’importo dell’indennizzo versato alla vittima dall’ Inail per il medesimo pregiudizio e – qualora tale indennizzo sia costituito ex lege da una rendita – va sottratto l’importo capitalizzato della rendita stessa. La Corte ha evidenziato che si dovrà tener conto delle variazioni che la rendita può subire in relazione alle condizioni di salute dell’infortunato, ove intervengano prima che il diritto al risarcimento del danno diventi “quesito”. Ciò è talmente pacifico e assodato che la medesima pronuncia testé citata ha persino preso in considerazione l’ipotesi in cui l’indennizzo subisca, per effetto di un miglioramento delle condizioni fisiche dell’infortunato, una riduzione: “Peraltro, se il danneggiato deduca in appello che, per effetto di una guarigione parziale, si sia ridotto il valore dell’indennizzo e sia di conseguenza aumentato il risarcimento dovutogli a titolo di danno differenziale, ha l’onere di dedurre e dimostrare che tale guarigione, a causa della non coincidenza tra le tabelle usate dall’ Inail e quelle utilizzate in ambito civilistico per la stima dell’invalidità permanente, abbia ridotto solo la misura dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore sociale, ma non abbia inciso sul danno biologico e sul relativo credito risarcitorio che è, altrimenti, da presumersi invariato” Qualche anno fa, il Tribunale di Trento aveva statuito, con sentenza del 12.03.2013, di liquidare circa 260 mila euro – di cui 80 mila pagati dall’ Inail – a titolo di danno ‘non patrimoniale’ a un soggetto che aveva riportato una menomazione all’integrità psicofisica del 42% nell’espletamento dell’attività lavorativa. Secondo il magistrato trentino: “Il punto essenziale della questione consiste nello stabilire se il sistema dell’assicurazione obbligatoria gestita dall’ Inail svolga o meno una funzione sostitutiva di quella propria del sistema della responsabilità civile”. A questo proposito, osserva il Tribunale nella parte motiva della sentenza, la giurisprudenza è unanime nel riconoscere “la diversità ontologica tra indennizzo Inail e risarcimento civilistico in riferimento sia allo scopo (l’uno è volto a garantire, in applicazione dell’art. 38 Cost., i mezzi adeguati al lavoratore infortunato o ammalato per ragioni professionali, l’altro è diretto a ristorare integralmente la lesione al diritto alla salute ex art. 32 Cost. subita dal medesimo), sia alle modalità di attribuzione (certamente più favorevoli per il lavoratore quelle relative all’indennizzo, il quale è contraddistinto da certezza e tempestività in quanto, contrariamente al risarcimento, prescinde dalla solvibilità e dalla volontà del datore di lavoro), sia ai criteri di liquidazione favorevoli al lavoratore quelli dell’automaticità secondo valori predeterminati e dell’irrilevanza del concorso di colpa previsti per l’indennizzo, mentre in tema di risarcimento il lavoratore è gravato dell’onere di provare il danno subito ed inoltre trova applicazione l’art.1227 co. 1 cod. civ.; svantaggiosi per il lavoratore quelli afferenti la quantificazione del danno risarcibile, stante la discrepanza tra i valori contenuti nelle tabelle di cui al Dm 12.7.2000 ed i parametri adottati dalla giurisprudenza”. In altri termini, poiché il danno indennizzato dall’ Inail è esclusivamente il danno alla salute in senso stretto (si tratta di un danno quantificato oggettivamente a parità di sesso, età e menomazione, esulando dalla tutela indennitaria Inail, qualsiasi rilevanza soggettiva del danno, le cd. componenti dinamiche del danno biologico, le conseguenze pregiudizievoli – anche di tipo morale – che il danno ha sulla singola persona), il danno che il lavoratore può chiedere in sede civilistica come danno differenziale si estende a tutto ciò che non è compreso nella copertura assicurativa, e cioè: il danno biologico permanente che eventualmente ecceda quello stimato tramite le tabelle Inail, il danno biologico temporaneo, il danno biologico fino al 5%, il danno morale e tutta la componente strettamente soggettiva del danno biologico. Per finire, un’altra pronuncia della Cassazione ha fatto piazza pulita della tentazione di scomputare dal risarcimento del solo danno biologico determinato in ambito civilistico tutta la somma liquidata dall’ Inail anziché (più correttamente) quella relativa alle poste concernenti esclusivamente il danno biologico: “Per calcolare il c.d. danno biologico differenziale, spettante alla vittima nei confronti dei terzo civilmente responsabile, dall’ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’ Inail , ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare il danno biologico” (Cassazione civile, sez. Ili, 26/06/2015, n. 13222).