Tabelle millesimali

IMG_0569Un condòmino che intenda denunciare violazioni derivanti dall’applicazione delle tabelle millesimali è tenuto ad impugnare le tabelle stesse chiedendone la modifica, ma non può contestare le delibere dell’assemblea adottate proprio sulla base di tali tabelle. Lo ribadisce la Corte di cassazione nella sentenza 20071 depositata ieri, 11 agosto, che prende in esame il caso di una signora romana “in guerra” contro una serie di delibere condominiali approvate nel suo palazzo e “salvate” dal Tribunale di Sondrio e dalla Corte di appello di Milano. Dopo aver respinto le doglianze della ricorrente sull’erroneità della tabelle millesimali (accertate dal Tribunale con l’ausilio di un Ctu), i giudici della Suprema Corte ribadiscono che nemmeno la mancanza di una tabella valida e vincolante per tutti i condòmini esonera il giudice dallo statuire sulla regolarità della costituzione e della deliberazione dell’assemblea, dovendo determinare egli stesso il valore delle quote espresse in millesimi. Nel caso in cui tali tabelle millesimali esistano – ricordano invece i giudici – esse costituiscono il parametro di riferimento per ponderare la validità delle deliberazioni e possono essere esse stesse impugnate, mentre non possono esserlo le delibere. Non reggono dunque le accuse mosse dalla ricorrente a tali tabelle, che da lei vengono definite “inveritiere”. Secondo i giudici della Suprema Corte, la censura della donna evidenzia palesi difetti dei necessari caratteri di tassatività, specificità, completezza e riferibilità, risolvendosi in una critica generica. Privo di fondamento anche il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente denuncia – da parte della Corte di appello – omesso esame di un fatto decisivo. In questo caso la Suprema Corte ricorda come la sostituzione di una delibera impugnata con altra delibera adottata dall’assemblea, determini la cessazione della materia del contendere. Il ricorso, dunque, è rigettato.