Adulterio e paternità

father-656734_1920Il disconoscimento di paternità è ammesso anche a distanza di tempo, se il marito scopre che la moglie lo ha tradito all’epoca del concepimento. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 14243, depositata il 7 giugno. Nel caso in questione la ricorrente ha presentato ricorso contro una sentenza della Corte di appello di Trento con cui – confermando la decisione di I grado – si accertava che la donna non fosse figlia dell’uomo che, per anni, era stato ritenuto suo padre. Nel ricorso si dichiarano “manifestamente inammissibili” i motivi illustrati nella sentenza, in quanto pretendono una rivalutazione dei fatti di causa, sotto l’egida del vizio di violazione di legge. In particolare, si reputa scorretto sottoporre nuovamente al giudice di legittimità – sede normalmente preclusa – un giudizio di fatto, sulla scia di scoperte (quella dell’adulterio) avvenuta soltanto poco tempo prima dell’avvio del procedimento. In precedenza, infatti, questi erano i soli elementi istruttori agli atti: l’allegazione – nel procedimento di addebito della separazione – della relazione della moglie con una donna; la volontaria corresponsione – da parte dell’uomo – di un assegno di mantenimento per la bambina ritenuta sua; la mancanza di un qualsiasi accenno a ipotesi di adulterio con altri uomini. Ancora, la ricorrente contesta il fatto che la scoperta dell’adulterio, commesso all’epoca del concepimento, sia stato inteso come acquisizione certa della conoscenza – e non come mero sospetto – di un fatto (e non riconducibile, pertanto, a mera infatuazione, o mera relazione sentimentale, o mera frequentazione con un altro uomo). Ma la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 3mila euro. Oltre a questo sono richiesti 100 euro per esborsi e spese forfettarie nella misura del 15 per cento.