Antiriciclaggio

euro-447214_1280L’evidente sproporzione tra le operazioni finanziarie effettuate dal correntista e la sua attività professionale è un indice di anomalia che obbliga l’intermediario alla segnalazione di operazione sospetta. Segnalazione che in caso di flussi “importanti” deve essere ripetuta, anche a fronte del silenzio del destinatario della “sos” stessa in merito al primo episodio. La Seconda civile della Cassazione (sentenza 20212/17) riconferma l’interpretazione restrittiva per l’attività di antiriciclaggio, ribadendo anche il ruolo non solo esecutivo dell’impiegato/agente e quindi la responsabilità cumulativa per il dipendente e il datore di lavoro. Il caso definitivamente risolto dalla Seconda riguardava la sanzione amministrativa da 350mila euro inflitta dal Mef a Bper e a un suo impiegato per non aver dato seguito alle segnalazioni su un conto corrente ben più che sospetto. Il rapporto bancario, domiciliato presso un’agenzia di Milano, era stato utilizzato a metà degli anni 2000 per far confluire oltre 3 milioni di euro di provenienza e di destinazione dubbie (attività criminali relative all’usura, come si rilevava dall’incasso di assegni postdatati, cambiali, ricorso a prestanome etc). Nel 2003, per completezza di ricostruzione storica, la banca aveva inoltrato una prima segnalazione – rimasta isolata – per un movimento da 13.500 euro, poi più nulla per i tre anni successivi, nonostante il vertiginoso aumento dei flussi in entrata di denaro. Tra le tesi difensive – respinte però dalla Corte – anche quella secondo cui la scelta di non inoltrare nuove Sos era stata determinata dal silenzio dell’Uic (all’epoca dei fatti destinatario delle segnalazioni) circa il primo invio dell’istituto: sia il tribunale di Milano sia la Cassazione, però, rimarcano la totale irrilevanza dell’argomento, anche perché sui fatti specifici era in corso all’epoca un’indagine penale, con relativi obblighi di riservatezza.  Quanto poi alle caratteristiche del “fatto” che deve accendere la curiosità/dovere dell’operatore bancario, la Corte ribadisce che non è per nulla richiesta la piena consapevolezza e men che meno la certezza della commissione dei reati – in questo caso di usura – ma è sufficiente l’osservazione di circostanze incoerenti, per esempio la sproporzione tra i volumi girati sul conto e l’attività svolta (o non svolta) dal titolare. La Cassazione mette poi ben in chiaro che la responsabilità della segnalazione di operazione sospetta non può essere “trasferita” al sistema automatico di rilevazione Gianos, il cui asserito malfunzionamento era tra l’altro fra gli argomenti difensivi. Il sistema Gianos, scrive il relatore «funge da ausilio nell’attività di vigilanza rimessa all’intermediario finanziario, il quale è comunque chiamato a compiere una propria autonoma valutazione, proprio alla luce delle caratteristiche soggettive ed oggettive delle operazioni effettuate». Il potere di segnalazione non può essere quindi «rigidamente vincolato alle indicazioni di carattere informatico».