Responsabilità Medica

medico_legge jpgMedico accusato del delitto di omicidio colposo per colpa consistita in una “macro omissione” nelle valutazioni cliniche di un uomo ultrasettantenne, affetto da ipertensione ipoglicemica, che giunge al pronto soccorso lamentando forti dolori addominali. La Corte di Appello ha confermato la sentenza di condanna emessa in primo grado, che aveva condannato un medico in servizio presso il pronto soccorso per il delitto di omicidio colposo,  per colpa consistita in una “macro omissione circa la necessità di procedere ad una più approfondita valutazione dell’apparato cardiovascolare. Difatti, l’imputato, avrebbe dovuto disporre l’osservazione continua del paziente, che manifestava chiari sintomi collegabili ad una possibile patologia cardiaca, al fine di poter intervenire tempestivamente con cardiologia interventistica. Tale condotta è regola di comportamento comune, seguita nel pronto soccorso e che avrebbe dovuto seguire anche l’imputato. Ove disposto, il monitoraggio continuo avrebbe consentito di diagnosticare la sindrome coronarica acuta, a causa della quale il giorno successivo il paziente, che era stato dimesso dal medico del pronto soccorso, pur giungendo in altro ospedale, decedette immediatamente dopo il ricovero.  La Suprema Corte, IV Sez. Pen. n.10972/15, confermando il giudicato della Corte di Appello ha ravvisato la sussistenza della colpa del medico, escludendo la configurabilità della colpa lieve ex art. 3 l. n.189/12 nel caso in cui siano state osservate linee guida o le pratiche terapeutiche mediche virtuose accreditate dalla comunità scientifica. Quanto alla sussistenza del nesso di causalità, la Suprema Corte ha chiarito che “la causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma anche dal raggiungimento, da parte dell’autorità chiamata a giudicare, di un risultato di certezza processuale, che all’esito di un ragionamento probatorio, sia in grado di giustificare che tenendosi l’azione doverosa emessa, il singolo evento lesivo non si sarebbe verificato, o quantomeno si sarebbe verificato in epoca posteriore, o con minore intensità lesiva”.