Condomino condannato

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Il Tribunale annullava una delibera condominiale condannando il condominio alle spese di giudizio. In virtù del vincolo di solidarietà passiva, un condomino aveva anticipato anche la quota di altra condomina, verso la quale aveva in seguito attivato azione di regresso. Quest’ultima adiva il Giudice di Pace per condannare l’amministratore del condominio al risarcimento dei danni, per non aver provveduto a convocare ritualmente l’assemblea e per non aver comunicato la pendenza della lite. Il Giudice di Pace condannava l’amministratore, il quale appellava la decisione, riformata dal Tribunale. La condomina ricorre per la cassazione della decisione di appello, ma la Suprema Corte rigetta il ricorso. La Cassazione ha dapprima esaminato l’appellabilità della sentenza del Giudice di Pace e nel caso specifico, la domanda chiedeva la condanna dell’amministratore «al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 238,21 per il risarcimento dei danni; e/o comunque, anche diversamente qualifìcata la domanda, (la condanna del) convenuto al pagamento della somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia oltre interessi come per legge ivi compresi quelli sugli interessi scaduti ». Il Collegio ha ritenuto che la causa fosse di valore indeterminato fino al limite di valore del Giudice di Pace: «L’ampia latitudine della pretesa risarcitoria, dichiaratamente aggiuntiva rispetto al solo importo di € 238,21, e l’espressa volontà di ottenere anche quanto eccedente tale somma purché entro il limite della competenza generale del giudice adito, lasciano intendere che nel caso in esame la parte attrice abbia inteso superare consapevolmente i limiti del giudizio di equità c.d. necessaria del giudice di pace. Con la conseguenza che, non essendo stato contestato il valore così dichiarato, la causa deve ritenersi di valore indeterminato fino al limite della competenza per valore del giudice di pace (a nulla rilevando, per il premesso riferimento alla domanda e non al decisum, che la sentenza del primo giudice avesse riconosciuto in favore dell’attrice il solo importo di € 238,21)». La Cassazione precisa che «in ogni caso il condomino dissenziente può far valere le proprie doglianze sulla gestione dell’amministratore in sede di rendiconto condominiale, la cui approvazione è, però, anch’essa rimessa all’assemblea e non al singolo condomino». Nel respingere il ricorso, il Collegio sottolinea la natura collettiva del mandato attribuito dalla legge al’amministratore: il condomino dissenziente «al di fuori dei descritti percorsi legali, non ha la facoltà di agire in proprio contro l’amministratore (salvo il ben diverso caso dell’iniziativa di revoca giudiziale ex art. 1129 c.c.) ogni qual volta ritenga la condotta di lui non consona ai propri interessi, perché ciò contrasta con la natura collettiva del mandato ex lege che compete all’amministratore».