Coniuge lascia la casa, niente addebito se rapporto in crisi

pointing-1991215_1920In punto di diritto non è sufficiente, ai fini della imputazione di addebito e della imputazione ad un coniuge della responsabilità della separazione, la mera violazione dell’Art 143 Codice Civile (diritti e doveri reciproci dei coniugi). E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza del 16 maggio 2017, n. 11929, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso, nel caso de quo, dalla Corte d’appello di Napoli. La pronuncia traeva origine dal fatto che la Corte d’appello di Napoli accoglieva parzialmente il gravame della moglie riformando la sentenza di primo grado nella parte in cui disponeva l’addebito all’appellante predetta della separazione dal marito. La Corte ha ritenuto che, sulla base delle risultanze istruttorie, l’allontanamento dell’appellante dalla casa coniugale non fosse stato causa della rottura con il marito, bensì conseguenza dcl progressivo deterioramento dei rapporti tra i coniugi, non addebitabile specificamente a nessuno dei due, e quindi della intollerabilità della convivenza. Il marito ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi. Per quanto è qui di interesse, il ricorrente con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli art. 143, secondo comma, 151, secondo comma, e 2697 c.c., lamenta che la Corte d’appello non abbia ravvisato nell’allontanamento dall’abitazione familiare una circostanza idonea a configurare addebito a carico della signora, e che da una corretta analisi delle risultanze istruttorie sarebbe emersa in modo inequivocabile l’arbitrarietà della scelta della moglie, sì da giustificare l’addebito alla stessa della separazione. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata ordinanza n. 11929/2017, ha ritenuto il motivo non fondato ed ha rigettato il ricorso. La Suprema Corte precisa di voler confermare il suo consolidato orientamento, secondo cui la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito (Corte di Cassazione, sentenze nn. 12130/2001, 23071/2005, 14840/2006 e successive conformi). Per il resto, le censure diffusamente articolate dal ricorrente — il quale contesta che dalle prove raccolte sarebbe emerso che l’intollerabilità della convivenza preesisteva all’allontanamento della moglie — si sostanziano in pure e semplici critiche di merito. Conclude la Cassazione che, pertanto, il ricorso va rigettato.