Cos’è il distacco del lavoratore e come può essere attuato

Secondo l’articolo n.30 del Decreto Legislativo n.276 del 10 settembre 2003, il cosiddetto distacco del lavoratore dipendente si applica nei casi in cui il datore di lavoro, per rispondere ad una propria esigenza, mette temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per lo svolgimento di una specifica attività lavorativa.

Il distacco però non produce un nuovo rapporto lavorativo con il terzo beneficiario, ma piuttosto ha l’effetto di cambiare le modalità di esecuzione del lavoro rispetto a quello che è stato deciso dalle parti nel contratto originario.

Ma in quali casi si configura il distacco del lavoratore? E quali sono i requisiti per usufruirne, gli oneri contributivi e la disciplina previdenziale?

Quando si può parlare di distacco del lavoratore?

Come già accennato, la formula del distacco del lavoratore si realizza quando il datore di lavoro disloca in via temporanea uno o più dipendenti a disposizione di un altro soggetto per eseguire una certa attività lavorativa.

Il datore può quindi scegliere di far svolgere la prestazione di lavoro presso un datore diverso, con lo scopo di soddisfare un proprio interesse legato alla gestione dell’azienda. Il datore che si avvale dell’utilizzo di tale strumento viene definito distaccante, mentre il soggetto che gode dell’attività lavorativa è il distaccatario.

I dipendenti oggetto del temporaneo trasferimento sono invece chiamati lavoratori distaccati. Dunque, il distacco si configura come rapporto contrattuale di tipo privilegiato che coinvolge 3 tipologie di soggetti:

  • L’impresa distaccante (datore di lavoro)
  • L’impresa distaccataria (utilizzatore)
  • Il lavoratore distaccato

Il distaccante conserva parzialmente i poteri direttivi sul lavoratore, esclusi quelli che devono essere esercitati dal distaccatario. Il datore distaccante è poi responsabile del trattamento economico del lavoratore, ma è bene specificare che il mutare delle mansioni durante il distacco richiede il consenso del lavoratore.

Inoltre, il distacco che implichi un trasferimento ad un’unità produttiva distante più di 50 km da quella principale può avvenire solo per comprovati motivi tecnici, organizzativi o produttivi.

Continuità del rapporto e consenso del lavoratore

Tramite il distacco del personale, un datore di lavoro ha l’opportunità di chiedere ai propri dipendenti di eseguire l’attività lavorativa in favore di un soggetto terzo esterno. Ciò accade modificando in maniera temporanea le modalità di svolgimento degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro subordinato.

Tale istituto permette quindi di trasferire l’esercizio del potere direttivo verso un terzo ente, non per forza appartenente al medesimo gruppo aziendale, mediante un preciso accordo contrattuale. Ciò significa che la prestazione di lavoro deve essere svolta a vantaggio della società distaccataria.

Ad ogni modo, da punto di vista funzionale rimane in essere la causa del contratto con l’azienda distaccante, lasciando a quest’ultima la titolarità del rapporto lavorativo.

Altro aspetto da considerare, è il consenso da parte del lavoratore. Infatti, seppur auspicabile, con il distacco non è necessario avere il consenso in forma scritta del dipendente, né per la validità del distacco, né ai fini della prova.

Con la circolare n.3 del gennaio 2004, il Ministero del Lavoro ha chiarito che il consenso serve a ratificare l’equivalenza delle mansioni nei casi in cui il loro mutamento, pur senza demansionamento, comporti una riduzione o specializzazione del lavoro effettivamente eseguito. Il consenso è infine richiesto per i trasferimenti oltre i 50 km dalla sede lavorativa.

I requisiti per il distacco del lavoratore

Per legge il distacco di un lavoratore dipendente presso un altro datore di lavoro deve avere come motivazione un interesse legato alla gestione della società.

Nella già citata circolare del Ministero del Lavoro viene stabilito che per essere legittimo, il distacco deve essere basato su un qualsiasi motivo di carattere produttivo del distaccante che non corrisponda ad una semplice somministrazione del lavoro altrui.

Le ragioni del distaccante devono essere specifiche, concrete, rilevanti e persistenti, da verificare caso per caso, secondo la natura del lavoro espletato. Si può trattare di qualunque interesse produttivo dell’impresa, anche non economico, che però non può appunto coincidere con la mera somministrazione di lavoro.

Questo vuol dire che il distacco non può essere definitivo, ma deve essere necessariamente temporaneo, anche se non è obbligatoria una durata predefinita. Senza tali requisiti di legittimità, il lavoratore può appellarsi in giudizio per ottenere un rapporto di lavoro con il datore presso il quale è stato distaccato.

Riassumendo, si può affermare che per il distacco del lavoratore dipendente devono sussistere 3 requisiti principali:

  • L’interesse della società distaccante
  • La temporaneità del distacco
  • Il consenso del lavoratore

Per rispettare queste condizioni è necessario sottoscrivere contratti appositi per disciplinare transazioni tra le imprese coinvolte nell’operazione. Dunque, è preferibile redigere un accordo tra l’impresa distaccante e quella distaccataria, nel quale indicare le ragioni del distacco.

Oneri contributivi e assicurativi del periodo di distacco

Con il distacco del lavoratore dipendente l’azienda distaccante è responsabile del pagamento della retribuzione, dei contributi e premi assicurativi. Nello specifico:

  • I contributi previdenziali: la società distaccante deve sostenere gli obblighi contributivi anche in riferimento ai compensi previsti dalla società distaccataria;
  • Assicurazione contro infortuni e malattie: l’impresa distaccante è tenuta agli obblighi assicurativi in tema di infortuni e malattie professionali secondi premi e tariffa del soggetto distaccatario;
  • Ammortizzatori sociali: per la durata del distacco il dipendente distaccato non rientra tra i beneficiari dell’integrazione salariale non lavorando presso l’unità produttiva della distaccante che ha avanzato domanda di CIGO. Allo stesso modo, il lavoratore non può essere messo in CIG se l’integrazione salariale è richiesta dalla distaccataria, continuando ad essere un dipendente della distaccante.

Previdenza per il dipendente in regime di distacco

Per quanto riguarda l’aspetto previdenziale, è importante individuare la legislazione da applicare nel rispetto della territorialità contributiva. In base a tale criterio, il dipendente è soggetto alla legislazione del Paese nel quale svolge la sua attività lavorativa.

Nell’ipotesi di distacco transnazionale, bisogna comunque distinguere tra Paesi europei e Paesi extraeuropei:

  • Distacco in ambito europeo: per il distacco in territorio europeo di un cittadino italiano non è necessaria alcuna autorizzazione amministrativa. In tali casi vige infatti la libertà di circolazione nell’ambito dell’Unione Europea. Il requisito è il possesso della cittadinanza italiana o comunque di uno degli Stati UE. Se il distacco è in un Paese europeo, il dipendente verserà i contributi in Italia, a condizione che il distacco non si protragga oltre i 24 mesi. Le normative sul distacco transnazionale dell’UE sanciscono l’obbligo per il datore di lavoro distaccante di inviare alle autorità del Paese di distacco una comunicazione di distacco transnazionale;
  • Distacco in ambito extraeuropeo: i datori di lavoro italiani che operano in Paesi al di fuori dell’UE che vogliono inviare un dipendente all’estero non sono obbligati a chiedere l’autorizzazione al Ministero del Lavoro. Per il tema previdenziale rimane il principio della territorialità valido in ambito UE, secondo cui i contributi vanno versati nel luogo di esecuzione della prestazione lavorativa. In ogni caso, è necessario accertare se tra l’Italia e lo Stato extraeuropeo esista un accordo bilaterale in materia fiscale e contributiva. Di solito, si tratta di accordi che consentono al lavoratore distaccato di conservare il regime previdenziale italiano. Per gli Stati extraeuropei con accordo si versano i contributi in Italia per un periodo di tempo che cambia da Stato a Stato. Per i lavoratori distaccati in Paesi non convenzionati è prevista una tutela minima, indipendentemente da una tutela assicurativa presente nel Paese di destinazione.