Decesso della madre naturale dell’adottato: inibito il diritto di conoscere le proprie origini in presenza di altri figli della donna.

Il diritto di interpello costituisce una facoltà dell’adottato a richiedere il rilascio di informazioni, atti, e documentazione riguardanti la sua origine e l’identità dei genitori biologici.

Presupposto indefettibile è la circostanza che il ricorrente risulti figlio di “donna che non consente di essere nominata” come si evince dall’atto integrale di nascita.

Il diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini trae fondamento, in generale, da una importante pronuncia della Corte Costituzionale del 18 – 22 novembre 2013, n. 278, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che, come anticipato, abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) – su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”.

In linea con tale decisione, che non contempla l’ipotesi del decesso della madre naturale e l’esistenza di soggetti terzi, ma che menziona la non incompatibilità del diritto di interpello con il diritto alla riservatezza, il Tribunale di Genova ha negato all’adottato l’autorizzazione alla conoscenza dell’identità della madre naturale, stante l’esistenza di altri figli della donna deceduta verosimilmente non a conoscenza della vicenda adottiva.

Il Tribunale per i Minorenni di Genova con sentenza del 13 maggio 2019, rinviando all’art. art 8 Cedu che tutela le relazioni familiari, e in tale ipotesi, “ la rappresentazione che la madre abbia voluto dare di sé ai propri figli con le scelte che lo Stato non può sindacare”, ha ritenuto di dover far prevalere il diritto alla riservatezza degli altri figli dinanzi a tale richiesta, prevedendo le possibili e gravi ricadute psicologiche di questi ultimi resi edotti, successivamente alla morte della madre, di una ulteriore genitorialità celata in vita dalla stessa.

(St)