I casi di separazione tra i coniugi: l’inosservanza coniugale

Quali possono essere i casi di separazione tra i coniugi? La Corte di Cassazione Sezione VI Civile, con l’ordinanza del 3 settembre 2018, n. 21576 si è espressa sull’inosservanza dell’obbligo di fedeltà tra coniugi. La legge ci dice che ci si può separare quando la convivenza è divenuta “intollerabile”.

L’inosservanza coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati, attraverso un accertamento un accertamento rigoroso ed un tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la esistenza di una crisi già in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Quando c’è l’addebito?

Se la richiesta di separazione è stata causata da una colpa dell’altro coniuge (comportamento violento, abbandono della casa, disinteresse e mancata assistenza in un momento di necessità) c’è l’addebito. Chi viene dichiarato responsabile della rottura del matrimonio (e quindi subisce l’addebito) non può rivendicare l’assegno di mantenimento qualora ne avesse diritto (anche cioè se ha un reddito basso) rivendicare diritti sull’eredità dell’ex qualora questi muoia prima del divorzio.

Nel caso in esame, della sentenza della Corte di Cassazione n.21576, traeva origine dal fatto che la Corte d’appello di Catania rigettava l’appello proposto dal ricorrente avverso la decisione del Tribunale di Ragusa che aveva pronunciato la separazione dal coniuge con addebito e con disposizione di versare contributo di mantenimento di euro 300,00 mensili alla moglie e di euro 300,00 mensili per il figlio. La Corte d’appello ha ritenuto che la pronuncia di addebito fosse pienamente giustificata essendo emersi plurime e gravi violazioni dei doveri coniugali. Avverso la menzionata pronuncia il ricorrente ha proposto ricorso per la cassazione fondato su due motivi.

Nel primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione degli articoli 143, 151, comma 2, 2697, codice civile, per avere la Corte territoriale erroneamente addebitato a lui la separazione nonostante non fosse provato il nesso di causalità tra il tradimento e l’incompatibilità coniugale, in realtà risalente a tempo addietro. Nel secondo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 156 codice civile e 115 e 116 codice di procedura civile nonché vizio di motivazione, per essersi la Corte sottratta al principio in base a cui il coniuge richiedente è gravato dall’onore di dedurre e dimostrare sia l’an debeatur che il quantum debeatur dell’assegno di mantenimento.

La Corte di Cassazione mediante la menzionata ordinanza n. 21576/2018 ha ritenuto i motivi inammissibili ed ha rigettato il ricorso. Sul primo punto ha motivato la inammissibilità in quanto il motivo in sostanza si risolve in una richiesta di nuova analisi dei fatti che avevano portato alla pronuncia di addebito, riservata al giudice di merito e sottratta se congruamente e logicamente motivata, al giudice di legittimità (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza del 20 agosto 2014, n. 18074). Infatti nell’istruttoria di prime grado era emerso che il ricorrente intrattenesse una relazione extra-coniugale già quando si era allontanato dalla casa coniugale e che non aveva prestato la necessaria assistenza morale e materiale alla moglie. Si tenga, altresì, conto che la prova del nesso causale può essere fornita con qualsiasi mezzo della Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza del 14 agosto 2015, n. 16859, la quale ha affermato che “in tema di separazione tra i coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre perché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la esistenza di una crisi già in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Il secondo motivo, anch’esso è stato ritenuto inammissibile per la medesima ragione. I redditi delle parti, sono stati accertati nel procedimento di primo grado attraverso l’indagine della polizia tributaria, mentre le dichiarazioni rese dai coniugi al consulente tecnico d’ufficio non sono state ritenute idonee, con valutazione incensurabile, a modificare i riscontri di natura documentale. Il ricorso, quindi, è inammissibile.

Corte di Cassazione Sezione VI Civile, ordinanza del 3 settembre 2018, n. 21576