Lavoratori impatriati: chi sono e di quali sgravi usufruiscono

Nel 2015 è stato varato un nuovo regime di tassazione agevolata rivolta ai cosiddetti lavoratori impatriati, ovvero persone trasferite all’estero che però desiderano tornare nel nostro Paese.

Tale misura, anche definita Rientro dei Cervelli, è stata lanciata con l’obiettivo di sollecitare l’ingresso di lavoratori stranieri oppure il rientro di italiani che lavorano fuori dai confini nazionali. Spesso si tratta di giovani impegnati in lavoro e formazione all’estero o personale altamente qualificato.

Certamente è una strategia mirata ad aumentare la competitività internazionale dell’Italia e ad agevolare il ritorno di figure professionali di alto profilo. La normativa riguardante i lavoratori impatriati è stata modificata in varie occasioni e sono previsti specifici requisiti per potervi accedere.

Cosa significa lavoratori impatriati e quali redditi sono agevolabili

La disciplina inerente ai lavoratori impatriati è regolamentata dal D.Lgs. n. 147 del 14/09/2015. Il comma 1 dell’articolo 16 stabilisce che può usufruire di questo speciale regime fiscale il lavoratore che:

  • Trasferisce la propria residenza in territorio italiano;
  • Non sia stato residente in Italia durante i 2 periodi di imposta precedenti il rientro e si impegni a risiedere nel nostro Paese per almeno 2 anni;
  • Svolga attività lavorativa prevalentemente in Italia.

In principio, tali misure erano previste soltanto per quelli che venivano chiamati “cervelli in fuga”, cioè professionisti quali medici, ricercatori, professori e altre figure con competenze specifiche a livello accademico.

Oggi, invece, queste agevolazioni sono state ampliate a tutti, a patto che sussistano i requisiti appena citati. Dunque, anche operai, impiegati oppure autonomi con partita Iva che decidono di riportare la propria residenza in Italia hanno diritto al regime agevolato per lavoratori impatriati.

Secondo il comma 2 del decreto, possono accedervi tutti i cittadini dell’Unione Europea o di un qualsiasi Stato extraeuropeo con cui sia attiva una Convenzione contro le doppie imposizioni oppure un accordo di scambio di informazioni di carattere fiscale.

Il regime speciale ha comunque carattere temporaneo, essendo applicabile per 5 anni a partire dal periodo d’imposta nel quale il lavoratore sposta la residenza fiscale in Italia e si protrae per i seguenti 4 periodi d’imposta.

Per quanto riguarda poi i redditi che possono usufruirne, ecco quali sono quelli agevolabili:

  • Redditi da lavoro dipendente;
  • Redditi da lavoro autonomo che provengono da arti e professioni, in forma individuale o associata, svolte in territorio italiano;
  • Con il Decreto Crescita sono inclusi anche i redditi d’impresa realizzati da imprenditori individuali che hanno aperto un’attività d’impresa in Italia dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.

Se sussiste un collegamento funzionale tra inizio dell’attività lavorativa e lo spostamento della residenza in Italia, possono aderire al regime per lavoratori impatriati anche altri redditi provenienti da attività iniziate in periodi d’imposta successivi al rientro, ma sempre entro il limite dei 5 anni.

Sono esclusi i lavoratori autonomi aderenti al regime forfettario, mentre hanno facoltà di aderire all’agevolazione i cittadini italiani che non sono registrati all’AIRE (L’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), ritornati in Italia dal 1° gennaio 2020, ma solo se nei 2 periodi di imposta precedenti il rientro abbiano risieduto in un Paese aderente alla Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Le agevolazioni previste per i lavoratori impatriati

I lavoratori che desiderano riportare la residenza in Italia dall’estero hanno quindi l’opportunità di godere delle agevolazioni fiscali previste per questo genere di regime che favorisce la permanenza nel nostro Paese.

Se il soggetto interessato è in possesso dei requisiti appena elencati nel periodo d’imposta in cui sposta la residenza ed entro il quinquennio successivo, il reddito di lavoro dipendente o di lavoro autonomo prodotto in Italia concorrono a comporre il reddito imponibile IRPEF nella misura del 30% dell’ammontare nella maggior parte dei casi.

Se invece il contribuente trasferisce la residenza in regioni del Mezzogiorno (Molise, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna, Calabria), il reddito andrà a concorrere alla formazione della base imponibile nella misura del 10%. È utile specificare che nei casi in cui l’attività di lavoro sia svolta in Comune differente da quello di residenza, ciò non compromette l’accesso all’agevolazione.

I richiedenti che hanno almeno un figlio minorenne a carico o che diventino proprietari di un immobile residenziale in Italia dopo il ritorno o nei 12 mesi antecedenti, avranno diritto ad altri 5 anni di periodi d’imposta.

Se dopo il rientro i figli diventano maggiorenni e non sono più fiscalmente a carico del genitore, non si perdono i benefici fiscali acquisiti per un ulteriore quinquennio. In tal caso il reddito sarà tassato del 50%, che si trasformerà nel 10% per chi ha almeno 3 minorenni a carico.

Come richiedere le agevolazioni previste per i lavoratori impatriati

Andiamo allora a comprendere nel dettaglio come inoltrare la richiesta per le agevolazioni fiscali rivolte ai lavoratori impatriati. I lavoratori dipendenti devono presentare una domanda scritta al datore di lavoro attraverso autocertificazione DPR 445/2000.

Il documento deve contenere:

  • Nome, cognome, data di nascita;
  • Codice fiscale;
  • Data di ritorno in Italia;
  • Data della prima assunzione in Italia;
  • Dichiarazione di possesso dei requisiti richiesti per avere accesso alle agevolazioni;
  • Residenza in Italia;
  • Dichiarazione nella quale ci si impegna a non aderire ad altri regimi fiscali simili.

Per la proroga delle agevolazioni è necessario presentare un’altra richiesta scritta al datore di lavoro, nella quale indicare i dati riguardanti l’unità immobiliare e la composizione del nucleo famigliare.

I lavoratori autonomi che hanno partita Iva possono fare domanda al momento di compilare la dichiarazione dei redditi o durante l’applicazione della ritenuta d’acconto. Nel modulo devono essere inserite le medesime informazioni fornite dai lavoratori dipendenti.


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