Non dovuto risarcimento da danno erariale

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La Corte dei Conti con la sentenza n. 100 11 maggio 2017 ha stabilito che il medico accusato di malpractice sanitaria non è tenuto al risarcimento del danno erariale. Tale sentenza è stata emessa a seguito di un giudizio promosso dalla Procura Contabile nei confronti di un medico che prestava servizio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Montecchio (RE), a seguito del decesso di un paziente da questi avuto in cura. L’episodio riguarda il Sig. F. E., il quale, accompagnato dalla moglie, si era presentato al Pronto Soccorso accusando forti dolori addominali. Il medico in questione, avrebbe disposto la somministrazione di un farmaco contente ketoprofene, principio attivo a cui il paziente era allergico, provocandone così uno shock anafilattico, fino al decesso intervenuto nel volgere di pochi minuti. A seguito dell’infelice avvenimento, tra gli eredi del defunto e l’azienda sanitaria, si giungeva sul versante penale ad un procedimento conclusosi con una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, con la quale veniva applicata all’operatore sanitario la pena di sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale, per il reato di omicidio colposo.Sul versante civile, invece, si perveniva ad un accordo transattivo, in base al quale l’AUSL si impegnava a versare la somma di euro 300.000,00 onde evitare un giudizio avanti al Giudice civile per il risarcimento del danno. Tale accordo transattivo con gli eredi del Sig. F. E. avrebbe generato un esborso effettivo di euro 237.500,00 che rappresenta l’ammontare del danno erariale contestato al sanitario convenuto . La Procura Regionale fondava la sua pretesa risarcitoria in capo al medico ritenendo applicabile alla fattispecie l’art. 2236 c.c., ai sensi del quale l’azienda ospedaliera non risponde dei danni derivanti da prestazioni che comportino la soluzione di problemi di particolare difficoltà, salvo i limiti necessariamente connessi al dolo ed alla colpa grave. La colpa grave da parte del medico, secondo l’accusa, sarebbe stata da individuare nell’incapacità della gestione del caso, nel difetto di comunicazione con il personale infermieristico e nell’insufficiente attenzione alle dichiarazioni del paziente deceduto, che aveva dichiarato l’allergia. In questo modo, parte attrice ha fatto perciò espresso riferimento alle linee guida, le quali sembrano sottolineare la necessità di richiedere al paziente eventuali allergie e di annotare le risposte in cartella clinica. Queste deduzioni, sempre secondo la Procura, sarebbero state confermate dalla sentenza penale sopra citata, che, irrogando una pena al medico imputato, confermerebbe il nesso causale tra la condotta del medico e il fatto letale poi risarcito. Ma di questo avviso non è stata invece la Corte dei Conti. Nelle motivazioni della sentenza n. 100 11 maggio 2017, il collegio giudicante sostiene, infatti, che la circostanza che le linee guida non siano state osservate non è sufficiente a dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo minimo per configurare una responsabilità erariale del medico. Le linee guida, sostiene la Corte, sono modelli comportamentali che possono essere fatti valere solamente dall’operatore sanitario a proprio vantaggio al fine di scagionarsi da un’ ipotesi accusatoria di un reato colposo e non certo a discapito dello stesso, sul piano della responsabilità civile o amministrativa, qualora la condotta del sanitario non sia stata aderente a dette “guidelines”. Per i motivi fin qui esposti, oltre alla valutazione delle circostanze di fatto per cui, al momento della prestazione professionale il medico non era e non poteva essere effettivamente a conoscenza dell’ allergia al principio attivo da parte del paziente, la Corte ha ritenuto che l’accusa non ha dimostrato la colpa grave del sanitario, sicchè è insussistente la responsabilità amministrativa in capo a quest’ultimo, il quale non è tenuto perciò al risarcimento del danno erariale.