Nuovi chiarimenti della Corte di Giustizia dopo il caso “Zambrano”

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Dopo la celebre sentenza Zambrano (C-34/09), la Corte di Giustizia aggiunge un ulteriore tassello chiarificatore in merito alla questione della concessione di un diritto di soggiorno sul territorio dell’Unione europea a cittadini di Paesi terzi, derivante dall’essere genitori di figli minori in possesso della cittadinanza europea. Nella recente sentenza Chavez-Vilchez e altri (C-133/15), la Corte ha chiarito, in particolare, quali elementi devono essere tenuti in considerazione dalle autorità nazionali competenti per verificare se un minore, cittadino dell’Unione, può definirsi “dipendente”, da un punto di vista affettivo e materiale, dal genitore extracomunitario. La vicenda, giunta davanti alla Corte di Giustizia tramite rinvio pregiudiziale, riguardava diverse madri, cittadine di Stati terzi, con uno o più figli di cittadinanza olandese, nati da relazioni poi terminate. I padri dei minori, tutti cittadini olandesi, avevano riconosciuto i figli, ma erano le madri che se ne occupavano in via pressoché esclusiva nel quotidiano. Queste ultime si erano viste tutte rifiutare gli aiuti sociali e gli assegni familiari dalle autorità olandesi, a causa della mancanza di un titolo di soggiorno. Dopo il rigetto dei loro ricorsi in primo grado, nel corso dell’appello il giudice olandese aveva deciso di sospendere il procedimento per domandare alla Corte di Giustizia se le ricorrenti, in quanto madri di minori cittadini dell’Unione europea, potevano vantare un diritto di soggiorno sulla base dell’articolo 20 TFUE e di conseguenza ottenere gli aiuti sociali e gli assegni familiari per provvedere al mantenimento dei propri figli. In particolare, il giudice del rinvio era interessato a comprendere se, alla luce delle precedenti sentenze Zambrano e Dereci (C-256/11), la presenza dei padri dei minori, cittadini olandesi anch’essi, nel territorio dell’Unione, poteva significare che i figli di tali coppie, seppur dipendenti dalle madri per il loro mantenimento quotidiano, non sarebbero stati obbligati a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui a queste ultime fosse stato rifiutato un diritto di soggiorno, potendo i padri potenzialmente occuparsene. Inoltre, secondo gli organi amministrativi olandesi, spetta al genitore, cittadino di un Paese terzo, che vuole ottenere un permesso di soggiorno derivato dall’essere l’unica figura genitoriale di riferimento del minore, dimostrare che l’altro genitore non è in grado di occuparsi del figlio, né da solo né con l’aiuto di terzi. La Corte di Giustizia ha chiarito unicamente che le condizioni per la concessione di un diritto di soggiorno ai familiari extra-UE di un cittadino dell’Unione devono essere le medesime, ai sensi dell’art. 21 TFUE e della direttiva 2004/38, sia nel caso in cui detto cittadino abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione nell’Unione, stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, che nel caso in cui il cittadino dell’UE abbia deciso di far rientro nello Stato membro di cui ha la cittadinanza. In merito, invece ai  casi in cui il cittadino dell’UE non ha mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione nell’Unione, la Corte di Giustizia ha ribadito quanto enunciato, per la prima volta, nel caso Zambrano, ovvero che la decisione delle autorità nazionali di rifiutare un diritto di soggiorno ai familiari, cittadini di Stati terzi, non deve avere l’effetto di privare il cittadino dell’UE del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti discendenti dal possesso della cittadinanza europea, tra i quali figura, in particolare, la libertà di circolazione. Nel caso specifico di cittadini europei minori di età, la Corte ha sancito l’importante principio per cui un diritto di soggiorno derivato deve essere accordato al genitore cittadino extra-UE ove sia accertato che il suo rifiuto porterebbe il minore a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso e, di conseguenza, a rinunciare ai diritti connessi al possesso della cittadinanza europea.