Part-time verticale o ciclico

Nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 322 del 30 dicembre 2020 – Supplemento ordinario n. 46/L è stata pubblicata la legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.”

L’articolo 1, comma 350, della citata legge n. 178/2020 dispone che: “Il periodo di durata del contratto di lavoro a tempo parziale che prevede che la prestazione lavorativa sia concentrata in determinati periodi è riconosciuto per intero utile ai fini del raggiungimento dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso al diritto alla pensione. A tal fine, il numero delle settimane da assumere ai fini pensionistici si determina rapportando il totale della contribuzione annuale al minimale contributivo settimanale determinato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638. Con riferimento ai contratti di lavoro a tempo parziale esauriti prima della data di entrata in vigore della presente legge, il riconoscimento dei periodi non interamente lavorati è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell’interessato corredata da idonea documentazione. I trattamenti pensionistici liquidati in applicazione della presente disposizione non possono avere decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore della stessa”.

Con la presente circolare si forniscono le indicazioni operative per l’applicazione della disposizione in argomento e la gestione delle posizioni assicurative dalla stessa interessate.

Vengono, inoltre, indicate le modalità procedurali finalizzate all’implementazione delle posizioni assicurative relative ai periodi di lavoro svolti nell’ambito di rapporti part-time di tipo verticale o ciclico interessati dalle presenti disposizioni.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale è stato organicamente disciplinato nel nostro ordinamento dall’articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, destinato ai lavoratori disponibili a svolgere attività ad orario inferiore rispetto a quello ordinario previsto dai contratti collettivi di lavoro o per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno. Detto testo normativo, nel disciplinare per la prima volta il lavoro a tempo parziale, ha tra l’altro previsto che siffatta fattispecie contrattuale debba necessariamente essere stipulata con atto scritto.

Successivamente, il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, emanato in attuazione della delega di cui alla legge 5 febbraio 1999, n. 25, come modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 2001, n. 100, dall’articolo 46 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e dall’articolo 1, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, recependo i contenuti della direttiva 97/81/CE del 15 dicembre 1997, all’articolo 1, comma 2, ne ha ulteriormente dettagliato la disciplina.

Con la circolare n. 246 del 24 dicembre 1986 l’Istituto ha fornito le prime indicazioni in materia prevedendo, in particolare, che il meccanismo di computo proporzionale debba trovare applicazione per i periodi di lavoro a tempo parziale successivi al 6 gennaio 1985, data di entrata in vigore della legge di conversione 19 dicembre 1984.

Successivamente, con la circolare n. 123 del 27 giugno 2000, è stata data applicazione alla normativa recata dal D.lgs n. 61/2000 per quanto riguarda, in particolare, la determinazione del minimale orario retributivo per il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali.

Il D.lgs n. 61/2000 è stato poi abrogato dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che rappresenta, ad oggi, la disciplina normativa di riferimento.

Con riferimento alla valorizzazione nella posizione assicurativa dei periodi di lavoro svolti con contratto part-time di tipo verticale o ciclico, la disciplina previdenziale non ha consentito, sino ad oggi, all’Istituto di riconoscere, per le gestioni private, l’accredito pieno delle settimane di contribuzione.

Ciò in ragione dell’applicazione della normativa di carattere generale in materia di accreditamento dei contributi per il diritto a pensione di cui all’articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni.

Detto articolo dispone, infatti, che: “Il numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell’anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, per ogni anno solare successivo al 1983 è pari a quello delle settimane dell’anno stesso retribuite o riconosciute in base alle norme che disciplinano l’accreditamento figurativo […]”.

Conseguentemente, la “settimana retribuita” è risultata essere il parametro di misurazione del valore temporale accreditabile in estratto conto, pur se temperato dal rinvio al rispetto del minimale.

Peraltro con norma speciale, precisamente con l’articolo 8 della legge 29 dicembre 1988, n. 554, letto in combinato disposto con il D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117, il legislatore ha introdotto un’eccezione alla disciplina sopra illustrata per i lavoratori con IVS in una delle casse ex Inpdap, ovvero iscritti ai Fondi Speciali FS e ex Ipost – posto che le descritte gestioni beneficiano delle norme di accredito dell’anzianità contributiva e di calcolo della prestazione pensionistica proprie dei dipendenti pubblici – disponendo, al comma 2 dell’articolo 8 medesimo che, ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione a carico dell’amministrazione interessata e del diritto all’indennità di fine servizio, gli anni di servizio ad orario ridotto devono essere considerati utili per intero.

In merito alla disciplina complessivamente sopra descritta rileva anche l’attuale consolidato orientamento giurisprudenziale, che afferma la necessità che il contratto part-time di tipo verticale o ciclico, caratterizzato da concentrazione dell’attività in alcune settimane del mese o per alcuni mesi dell’anno, alternata a periodi di non attività, non sia distinto dalla generalità dei rapporti di lavoro part-time al fine della valutazione dei periodi non lavorati nel calcolo dell’anzianità contributiva utile per il diritto a pensione.

Sulla questione, infatti, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. II, con la sentenza del 10 giugno 2010, nei procedimenti riuniti C-395/08 e C-396/08, pronunziandosi in via pregiudiziale in applicazione dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha affermato che il principio di non discriminazione enunciato nella direttiva n. 97/81/CE, recepita dall’Italia con il citato D.lgs n. 61/2000, comporta che “l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se egli avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo integralmente in considerazione anche i periodi non lavorati”. Per ulteriori informazioni leggi la circolare