Reato di disturbo alla quiete

wall-20330_1920Il reato di disturbo della quiete pubblica in condominio può essere accertato con testimoni. Un problema annoso e particolarmente avvertito in condominio è quello relativo alle immissioni, vale a dire quelle diffusioni di rumore, fumo, odori o vibrazioni, che spesso porta i condòmini nelle aule di giustizia, atteso che il fenomeno può avere conseguenze sia da un punto di vista civile che penale. La norma penale che si occupa delle immissioni, in particolare di quelle acustiche, è l’art. 659 Cp, il quale prevede che «Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309. Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità». Da un punto di vista prettamente civile, invece, la materia è regolata dall’art. 844 Cc, per il quale «Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi». La giurisprudenza civile ha da tempo ritenuto come, da un punto di vista probatorio, il superamento della normale tollerabilità ovvero dei parametri più restrittivi eventualmente fissati dal regolamento, avendo ad oggetto la disciplina dei rapporti di vicinato, non deve presupporre necessariamente un accertamento di natura tecnica atteso che, in tali casi, risulta ampiamente ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo ad oggetto fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non può ritenersi espressione di giudizi valutativi che, in quanto tali, risulterebbero vietati ai testi; tanto più nell’ipotesi di emissioni rumorose discontinue e spontanee, difficilmente riproducibili e verificabili su un piano sperimentale (Cass. 2166/2006). Pertanto, «l’entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse)», tuttavia, spetta poi al giudice valutare innanzitutto l’attendibilità e, successivamente, la congruità delle dichiarazioni rese dagli stessi in relazione al thema probandum (Cass. 2864/2016). Ciò posto, occorre chiedersi se per configurare il reato di disturbo della quiete pubblica, previsto e punito dall’art. 659 Cp, siano bastevoli, cosi come in materia civile, le sole deposizioni testimoniali. A tale quesito fornisce risposta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35175, pubblicata in data 17 Luglio 2017.  La vicenda giudiziaria vede alla sbarra un gestore di un pubblico esercizio, condannato dal Tribunale di Rovereto alla pena di euro 200,00 di ammenda, per il reato di cui agli art. 81 e 659 Cp, per avere lo stesso, con più azione esecutive di un medesimo disegno criminoso, abusato degli strumenti sonori in uso al predetto esercizio, nonché per non avere impedito il continuo vociare dei clienti del locale, cosi arrecando disturbo agli altri occupanti del condominio. Per affermare la penale responsabilità dell’imputato il Tribunale utilizza le sole deposizioni testimoniali, evenienza che porta l’imputato a impugnare la sentenza in cassazione per eccepire la mancata utilizzazione di misurazioni tecniche atteso che, dalle deposizioni non si rileva alcuna prova che il vociare e la musica potesse disturbare i condòmini residenti e, conseguentemente, l’intollerabilità delle emissioni rumorose. Di contrario avviso, tuttavia, la Suprema Corte, la quale dichiara inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza dei motivi e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali in favore della cassa delle ammende. Premette la stessa come «in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete».
Nel caso di specie, conclude il giudice di legittimità, «l’accertamento è avvenuto con le deposizioni testimoniali sopra elencate; inoltre nella motivazione, esauriente e non contraddittoria, non si rinvengono manifeste illogicità. La configurabilità del reato è realizzata solo se il disturbo non sia limitato agli appartamenti sovrastanti e sottostanti a quello del disturbatore, il locale “…..”: perché sussista la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013 – dep. 13/11/2013, Virgillito e altro, Rv. 25734501)».