Sanità: Tempi lunghi? La visita privata la paga il servizio sanitario

slide15Secondo l’ultimo rapporto Eurispes  più della metà degli italiani (il 54,3%) è insoddisfatto della sanità. E tra le cause di questa insoddisfazione, al primo posto, ci sono le lunghe liste di attesa per visite ed esami medici (75,5%). Un problema che porta molti cittadini a rivolgersi a centri privati per fare esami a pagamento o – in caso di problemi economici (23,8% degli italiani secondo il rapporto Eurispes) – a rinunciare alle cure. Eppure nel nostro Paese esistono delle leggi che dovrebbero garantire – proprio come afferma l’articolo 32 della Costituzione – il diritto di ogni individuo, comprese le persone indigenti, ad avere accesso alle cure mediche del Sistema sanitario nazionale. Si tratta nello specifico del Piano nazionale di governo delle liste di attesa. Un documento, elaborato da governo e regioni, stabilisce sia le priorità, sia i tempi massimi entro i quali il Servizio sanitario nazionale deve erogare esami, visite specialistiche, ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici. Pochi cittadini però conoscono questo documento e i loro diritti. Il Piano prevede quattro priorità temporali che devono essere indicate dal medico nell’apposito campo presente sull’impegnativa utilizzando le lettere U, B, D e P. La lettera U significa “urgenza” e dà diritto a ottenere la prestazione entro 72 ore, purché egli provveda alla prenotazione entro 48 ore dalla data della prescrizione. La lettera B, invece, serve a segnalare le prestazioni che devono essere fornite in tempi brevi, al massimo entro 10 giorni. La lettera D significa entro 30 giorni se si tratta di visite o entro 60 giorni se si tratta di esami strumentali. Infine, la lettera P indica le prestazioni programmate, da erogare al massimo entro 180 giorni. Se i tempi non vengono rispettati il cittadino ha diritto ad andare dal medico privatamente, pagando solo il prezzo del ticket. Si tratta tra l’altro di un diritto già sancito, prima della stipula del primo Piano nazionale, dall’articolo 3 del decreto legislativo numero 124/1998, e che le Asl dovrebbero attivare automaticamente. In realtà questo non avviene quasi mai. I cittadini devono quindi inviare al direttore generale dell’Azienda sanitaria locale di appartenenza una richiesta in carta semplice con i propri dati personali e la descrizione del problema, corredata dai documenti necessari (la copia della richiesta di prestazione e la copia della comunicazione Cup). Una volta inviata la richiesta, il paziente dovrebbe essere dirottato automaticamente dalla Asl o dalla struttura ospedaliera alla prestazione in regime di attività libero professionale esercitata intramoenia. Se ciò non fosse possibile a causa, ad esempio, delle liste di attesa bloccate, il paziente avrebbe diritto a rivolgersi a una struttura privata pagando solo il ticket e facendo sostenere il costo della differenza alla Asl o all’ospedale.