Stress del pendolare? Per la Cassazione nessun risarcimento

La vita dei pendolari e per chi viaggia utilizzando i treni ogni giorno non è semplice. Il più delle volte si è costretti a viaggiare con vagoni affollati e condizioni precarie.

La Cassazione con sentenza n.3720/2019 ha respinto la richiesta di risarcimento per danno esistenziale avanzata da un professionista residente a Piacenza che aveva chiesto i danni patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali dovuti ai ritardi dei treni, dell’affollamento degli stessi, alla mancata pulizia dei vagoni e alla stanchezza cronica da ansia e stress.

In  primo grado il Giudice di pace di Piacenza nel 2008 aveva dato ragione al pendolare, condannando la compagnia ferroviaria a risarcirlo con mille euro. Il giudice di primo grado ritenne che i fatti denunciati dall’uomo costituivano violazione dei diritti fondamentali che attengono al rispetto della personalità e all’intangibilità della dignità dei cittadini, e che avevano determinato situazioni esistenziali al limite della sopportabilità.

Il giudice d’appello, invece annullava il risarcimento. Il giudice di secondo grado riteneva che il ricorrente non aveva dimostrato, e neppure allegato, il presupposto della gravità dell’offesa, necessario al fine di ritenere risarcibile il danno non patrimoniale. In particolare, il pendolare residente a Piacenza aveva esposto i disservizi e lo stato dei treni solo su un piano generale e astratto.

Infatti, ai fini del riconoscimento del danno esistenziale, non sarebbe stato sufficiente provare i disservizi del sistema ferroviario, che integra l’inadempimento del vettore, ma sarebbe stato onere dell’attore, dimostrata questa premessa, provare che tali disservizi avevano inciso in senso negativo nella sua sfera di vita, alterandone e sconvolgendone.

Per la Corte di Cassazione bisogna provare l’effetto dei disservizi sul piano personale. I giudici della Corte hanno precisato che “sono palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale” c che ogni persona, inserita nel complesso sociale, deve accettare, in virtù del dovere di convivenza, “un grado minimo di tolleranza”.

In particolare, ha ritenuto che dalle richieste istruttorie articolate, peraltro non ammesse, fosse possibile, al limite, evincere l’esistenza dei disservizi ma non certo le conseguenze degli stessi sulla persona dell’attore e sulle sue relazioni sociali.

Cassazione sentenza n.3720/2019