Vaccini e malattie

imageUn vaccino può essere ritenuto la causa dell’insorgere di una malattia anche se manca il «consenso scientifico». Lo sostiene la Corte di giustizia europea nella causa C-621/15. È necessario, però, precisa la Corte che il giudice si trovi davanti a un «complesso di indizi gravi, precisi e concordanti, qualora tale complesso di indizi gli consenta di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà». A portare la Sanofi Pasteur in tribunale è stata la famiglia del signor W, che dopo essersi sottoposto al vaccino contro l’epatite B tra la fine dell’anno 1998 e la metà dell’anno 1999 nell’agosto del 1999 ha iniziato ad accusare una serie di disturbi che hanno condotto, nel novembre 2000, alla diagnosi di sclerosi multipla.Nel 2006 il signor W, e la sua famiglia decidono di adire le vie legali e chiedere un risarcimento all’azienda produttrice del vaccino. La Corte d’appello di Parigi respinge il ricorso per mancanza del nesso di consenso scientifico che riconoscesse un nesso di causalità tra vaccino e malattia. Ma la famiglia del signor W non demorde e presenta appello alla Corte di cassazione di Parigi che decide di coinvolgere la Corte Ue chiedendo se «nonostante l’assenza di consenso scientifico e tenuto conto del fatto che, secondo la direttiva dell’Unione sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, spetta al danneggiato provare il danno, il difetto e il nesso di causalità, il giudice possa basarsi su indizi gravi, precisi e concordanti per ravvisare il difetto del vaccino e il nesso di causalità tra il vaccino e la malattia». A far protendere i giudici europei verso il nesso di causalità tra vaccino e l’insorgere della malattia è lo stato di perfetta salute del signor W prima della vaccinazione, la mancanza di precedenti familiari, la concomitanza tra la vaccinazione e la comparsa della malattia oltre all’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni. Nella sentenza viene ricordato che secondo la direttiva dell’Unione europea sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi (Direttiva 85/374/CEE ), spetta al danneggiato provare il danno, il difetto e il nesso di causalità. Una premessa che però, secondo la Corte Ue, non permette di escludere qualunque modalità di prova diversa dalla prova certa tratta dalla ricerca medica, altrimenti diventerebbe estremamente difficile, se non impossibile per il danneggiato far valere la responsabilità del produttore, il che comprometterebbe l’effetto utile della direttiva nonché i suoi obiettivi (ossia tutelare la sicurezza e la salute dei consumatori e garantire una giusta ripartizione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna tra il danneggiato e il produttore).